lunedì 21 novembre 2011

CEGLIE NEL '400 (II parte)

«Per la sua collocazione geografica la terra di Ceglie de Gualdo veniva a trovarsi sul confine settentrionale della "grande foresta" di Oria, una vasta distesa di formazioni macchiose e boschive, intervallate da zone acquitrinose, a pascoli e a prati, che insieme con le foreste di Lecce, di Brindisi, di Taranto, di Gallipoli e di Tricase ricoprivano vaste aree della provincia di Terra d'Otranto. Ceglie, infatti, si caratterizza ancora nel tardo Medioevo per un'ampia estensione di superficii boschive, sottolineata dalla stessa denominazione "de Gualdo", cioè "del bosco". Intorno al centro - scrive nel primo Cinquecento Leandro Alberti - "sono assai boschi molto accomodati alla caccia, per esservi assai selvaticine".
La struttura della rendita signorile rivela un'economia agro-silvo-pastorale in cui è l'incolto ad avere un ruolo prevalente, accompagnato dal seminativo e dal vigneto, mentre quasi del tutto assente risulta l'olivocoltura, che invece si andava incrementando nei territori di Ostuni e di Carovigno. Nell'anno indizionale 1° settembre 1458 - 31 agosto 1459 le entrate provenienti dalla produzione agricola vengono incamerate prevalentemente attraverso il prelievo decimale e consistono in 48 tomoli di frumento, 13 di orzo, 1 tomolo e 6 stoppelli di fave, per un valore complessivo molto modesto, di poco superiore alle due once. I 70 barili di vino provenienti dalla gestione diretta di alcune vigne sono venduti in regime di monopolio nella taberna, il cui appalto rende quell'anno once 5, tarì 9, grani 5. Più consistenti sono i proventi derivanti dall'incolto: dalla fida, dovuta da quanti utilizzavano per il pascolo degli animali e per l'estrazione del legname, si ricavavano complessivamente once 6, tarì 17, grana 11. A versarla sono uomini di Ceglie, Mesagne, Francavilla, Martina, San Vito, Carovigno e Pietrapertosa.
Modeste sono le rendite derivanti dagli affitti di giardini, ortali e cisterne (acqua Fovee veteris, cisterne de Paludibus, piscina de Paludisbus, vinee site in Paludibus de Campo Orlando, un terreno in Monticulis, la masseria de Palagongha), che fruttano solo 1 oncia, 6 tarì e 10 grani; dal diritto proibitivo del macello (1.10.18); dalla decima del valore della transazione dei beni immobili (2.20.16), dal diritto di caccia (0.5.9). Anche le somme ricavate dall'esazione dei diritti sul commercio riflettono la condizione di un centro poco interessato dai flussi degli scambi: lo ius platee, versato dal mercante forestiero nella misura di 15 grani per oncia sul prezzo di vendita, rende poco più di 2 once (2.0.16), un dato poco significativo se comparato, ad esempio, a quello della vicina Ostuni (19.4.11). I proventi giurisdizionali, versati alla curia del capitano, al quale spettava la giurisdizione di seconda istanza per le cause civili e quella di prima per le cause penali, ammontano a 8 once, 16 tarì e 13 grani» Prof.sa Carmela Massaro



continua...



Alcune riflessioni personali:

riguardo l'attributo "del Gualdo", cioè Ceglie "del bosco", ve ne sarebbe uno ulteriore, che nel linguaggio longobardo indicherebbe, oltre a bosco/foresta, un poggio elevato, una altura.
Applicato a Ceglie, illustrerebbe meglio la sua posizione geografica, indicandola come Ceglie dell'Altura per distinguerla da quella del piano o del campo nei pressi di Bari. Potrebbe essere, a mio avviso, una pista d'indagine molto interessante.
Non concordo con la Prof.sa Massaro quando dice che "mentre quasi del tutto assente risulta l'olivolcoltura" dal nostro territorio. Ella deduce quanto afferma, riferendosi unicamente alla rendita signorile. Ma basterebbe girare lungo i tortuosi viottoli delle nostre contrade per ammirare i tronchi, scolpiti dal tempo e dalla natura, di ulivi millenari. Nei pressi del centro mediovale, intorno all'antica Abbazia di Sant'Anna, nel luogo denominato l'Appesa di Sant'Anna si contavano, a quel tempo, più di 500 alberi d'ulivo.

Dal Castato Antico del 1603 ricaviamo che i propretari delle vigne situate nelle contrade Padule e Padule di Campo Orlando pagavano ancora il censo alla casa baronale. Queste grandi estensioni di vigneti che circondavano da nord ad est tutta la nostra città dovevano lasciare estasiati tutti coloro che ne ammiravano il panorama. Un "mare verde" si allargava dinanzi ai loro occhi, nel quale si intravvedevano le cuspidi di antichi acquari o delle "caselle", simili a vele o i piloni dei palmenti, come tante barche, con i vigneti a filari, che disegnavano altrettante onde di diversa forma e colore. Poi, il paretone messapico, che come un antico pontile, ne fissava il limite invalicabile. Vigne che la filossera distruggerà irrimediabilmente nella seconda metà dell'800, lasciando tante famiglie sul lastrico e provocando la prima grande emigrazione transoceanica di molti cegliesi in cerca di fortuna.
Altro dato importante per la nostra toponomastica è la registrazione di alcuni termini presenti tuttora sul nostro territorio: Foggia Vetere, Montevicoli, Padule, Padule di Campo Orlando, Masseria Palagogna. dg

5 commenti:

carolemico ha detto...

Ciao DG.
Secondo me la spiegazione potrebbe essere una sola, anche allora esisteva l'evasione fiscale. Hehehehehhe

carolemico

carolemico ha detto...

Ciao DG, buona settimana.

dg ha detto...

Grazie...appena avrò tempo aggiornerò il blog. Cari saluti.
dg

smemorato ha detto...

sempre interessante!

Anonimo ha detto...

Ciao DG, per fortuna che questi post mi aiutano a capire e conoscere meglio le radici di Ceglie.
Su sto pianeta ce serve tanto amore.
franca bassi (ceglieterrestre)
Un caro saluto da Roma