giovedì 22 dicembre 2011

CEGLIE NEL '400 (III parte)

«Il quaderno dell'erario del 1470 presenta alcune novità interessanti. È diminuita la rendita della taberna, che ora ammonta a once 3 e tarì 4, ma è stata introdotta una cabella tarpeti, cioè un diritto sulla macinatura delle olive, che rende una cifra ancora modesta, tarì 2 grani 10. Oltre alla gestione diretta di alcuni vigneti è documentata una spesa di tarì 6 per i lavori in un oliveto della curia regia, segno che l'olivicoltura, già settore trainante dell'economia in altre realtà pugliesi, cominciava a interessare anche la terra di Ceglie, in connessione con l'irrobustimento del circuito commerciale dell'olio che si andava consolidando attraverso i porti adriatici. Ma il dato più significativo è quello della bagliva, che rende 29 once, una somma quasi tripla rispetto a quella del 1459 (on. 11, ta. 2, gr. 13) mentre subiscono una leggera flessione i proventi della capitania (5.18.10) e quelli relativi alla transazione degli immobili (2.8.8). Il registro fornisce la somma complessiva della bagliva, non scorporata nei vari iura (plateatico, fida, ius sanguinis, ius bannorum, flasificazione di pesi e misure, ecc.), per cui è difficile intuire quale elemento abbia influito sulla crescita delle entrate. Una maggiore produzione con un aumento degli scambi e quindi del plateatico? O un più intenso sfruttamento dell'incolto con introiti più consistenti riscossi dai foresteri, tenuti a pagare la fida? O, più semplicemente, una gestione più oculata della bagliva, nel 1470 di pertinenza regia?
Molto esili sono le informazioni sulla struttura del centro. Oltre al castello le fonti citano alcuni edifici religiosi. Ceglie è sede di arcipretura, e nel 1478 versano al colletore apostolico che raccoglie la decima pontificia la chiesa arcipresbiterale di Santa Maria, retta dall'arciprete Troylo e officiata da un collegio di chierici, e l'abbazia della SS. Trinità, posta fuori dal centro, di cui risulta abate Simone da Conversano. Un'altra chiesetta citata nelle fonti è quella di Santa Maria Annunziata, il cui procuratore versa annualmente all'erario un censo per un terreno sito nella contrada Montevicoli.
L'immagine di Ceglie che restituiscono le fonti di metà Quattrocento è dunque quella di un centro ubicato in una posizione periferica, che si raccorda debolmente con i centri vicini, sia con Oria, centro del suo distretto diocesano, da cui dista 20 km, sia con la più vicina Francavilla, situata a circa 14 km di distanza. lontana dalle direttrici viarie più importanti, la via Appia che collegava Taranto con Brindisi passando per Oria e la via Adriatica che univa le città costiere, Ceglie gravitava più verso Ostuni, posta a 11 km di distanza, un centro urbano di dimensioni medio piccole, ben collegata ai flussi del commercio sovraregionale attraverso il porto di Villanova, non privo della forza economica necessaria a giocare un ruolo, sia pure modesto, al centro dell'area. È infatti sulla piazza di Ostuni che sono documentati piccoli operatori cegliesi che vendono formaggio, grano, orzo e miele, e acquistano soprattutto olio, così come diverse sono le attestazioni di cegliesi che vi si sono stanziati definitivamente. Occasionalmente i due centri risultano inseriti nello stesso distretto capitaniale: in tal caso il capitano, di origine forestiera ed elemento di raccordo tra il potere regio o principesco e la società locale, risiedeva a Ostuni e, oltre a svolgere una funzione di controllo sul governo dell'Università, amministrava la giustizia civile di secondo grado e penale di primo grado» Prof.sa Carmela Massaro



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Riporto alcune citazioni in nota:

a) "recepi da donno Troylo, arceprevete de la terra de Cigly con li compagni per la massa canonicale dela ecclesia de S. Maria de dicta terra tarì 20, grani 0; recepi da abbate Simono de Conversano abbate de S. Ternetate de Ciglya tarì quactro, grana deice" (Colletta del 1478) L'Abbazia della SS. Trinità è l'attuale chiesa di Sant'Anna.

b) Risultano cegliesi residenti ad Ostuni: "presbiter Felix de Cilio de Hostuneo, magister Gaspar de Cilio de Hostuneo, archipresbiter hotunensis Donatus de Cilio, Angelo de Nicoletto de Cilio".

c) Nel 1448 e nel 1455 il capitano di Ostuni risulta pure capitano di Ceglie, mentre nel 1459 ad Ostuni è capitano Giovanni di Capitignano di Taranto e a Ceglie è Masio Cortese di Brindisi.


Curiosità: il cognome TROYLO (di origine francese) lo troviamo censito a Ceglie, ancora agli inizi del '600, un certo Antuono de Troylo possedeva delle vigne nella contrada Padule. Solo per un paio d'anni la nostra città è stata nel demanio regio, dopo la morte della Principessa Anna Colonna, avvenuta nel 1469, sino alla vendita fatta a Giovanni Battista Brancaccio.



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Desidero formulare a tutti i lettori di questo blog un SANTO e SERENO NATALE: la nascita del Redentore sia apportatrice di pace e benedizione ai nostri cuori e alle nostre famiglie. Auguri!

lunedì 21 novembre 2011

CEGLIE NEL '400 (II parte)

«Per la sua collocazione geografica la terra di Ceglie de Gualdo veniva a trovarsi sul confine settentrionale della "grande foresta" di Oria, una vasta distesa di formazioni macchiose e boschive, intervallate da zone acquitrinose, a pascoli e a prati, che insieme con le foreste di Lecce, di Brindisi, di Taranto, di Gallipoli e di Tricase ricoprivano vaste aree della provincia di Terra d'Otranto. Ceglie, infatti, si caratterizza ancora nel tardo Medioevo per un'ampia estensione di superficii boschive, sottolineata dalla stessa denominazione "de Gualdo", cioè "del bosco". Intorno al centro - scrive nel primo Cinquecento Leandro Alberti - "sono assai boschi molto accomodati alla caccia, per esservi assai selvaticine".
La struttura della rendita signorile rivela un'economia agro-silvo-pastorale in cui è l'incolto ad avere un ruolo prevalente, accompagnato dal seminativo e dal vigneto, mentre quasi del tutto assente risulta l'olivocoltura, che invece si andava incrementando nei territori di Ostuni e di Carovigno. Nell'anno indizionale 1° settembre 1458 - 31 agosto 1459 le entrate provenienti dalla produzione agricola vengono incamerate prevalentemente attraverso il prelievo decimale e consistono in 48 tomoli di frumento, 13 di orzo, 1 tomolo e 6 stoppelli di fave, per un valore complessivo molto modesto, di poco superiore alle due once. I 70 barili di vino provenienti dalla gestione diretta di alcune vigne sono venduti in regime di monopolio nella taberna, il cui appalto rende quell'anno once 5, tarì 9, grani 5. Più consistenti sono i proventi derivanti dall'incolto: dalla fida, dovuta da quanti utilizzavano per il pascolo degli animali e per l'estrazione del legname, si ricavavano complessivamente once 6, tarì 17, grana 11. A versarla sono uomini di Ceglie, Mesagne, Francavilla, Martina, San Vito, Carovigno e Pietrapertosa.
Modeste sono le rendite derivanti dagli affitti di giardini, ortali e cisterne (acqua Fovee veteris, cisterne de Paludibus, piscina de Paludisbus, vinee site in Paludibus de Campo Orlando, un terreno in Monticulis, la masseria de Palagongha), che fruttano solo 1 oncia, 6 tarì e 10 grani; dal diritto proibitivo del macello (1.10.18); dalla decima del valore della transazione dei beni immobili (2.20.16), dal diritto di caccia (0.5.9). Anche le somme ricavate dall'esazione dei diritti sul commercio riflettono la condizione di un centro poco interessato dai flussi degli scambi: lo ius platee, versato dal mercante forestiero nella misura di 15 grani per oncia sul prezzo di vendita, rende poco più di 2 once (2.0.16), un dato poco significativo se comparato, ad esempio, a quello della vicina Ostuni (19.4.11). I proventi giurisdizionali, versati alla curia del capitano, al quale spettava la giurisdizione di seconda istanza per le cause civili e quella di prima per le cause penali, ammontano a 8 once, 16 tarì e 13 grani» Prof.sa Carmela Massaro



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Alcune riflessioni personali:

riguardo l'attributo "del Gualdo", cioè Ceglie "del bosco", ve ne sarebbe uno ulteriore, che nel linguaggio longobardo indicherebbe, oltre a bosco/foresta, un poggio elevato, una altura.
Applicato a Ceglie, illustrerebbe meglio la sua posizione geografica, indicandola come Ceglie dell'Altura per distinguerla da quella del piano o del campo nei pressi di Bari. Potrebbe essere, a mio avviso, una pista d'indagine molto interessante.
Non concordo con la Prof.sa Massaro quando dice che "mentre quasi del tutto assente risulta l'olivolcoltura" dal nostro territorio. Ella deduce quanto afferma, riferendosi unicamente alla rendita signorile. Ma basterebbe girare lungo i tortuosi viottoli delle nostre contrade per ammirare i tronchi, scolpiti dal tempo e dalla natura, di ulivi millenari. Nei pressi del centro mediovale, intorno all'antica Abbazia di Sant'Anna, nel luogo denominato l'Appesa di Sant'Anna si contavano, a quel tempo, più di 500 alberi d'ulivo.

Dal Castato Antico del 1603 ricaviamo che i propretari delle vigne situate nelle contrade Padule e Padule di Campo Orlando pagavano ancora il censo alla casa baronale. Queste grandi estensioni di vigneti che circondavano da nord ad est tutta la nostra città dovevano lasciare estasiati tutti coloro che ne ammiravano il panorama. Un "mare verde" si allargava dinanzi ai loro occhi, nel quale si intravvedevano le cuspidi di antichi acquari o delle "caselle", simili a vele o i piloni dei palmenti, come tante barche, con i vigneti a filari, che disegnavano altrettante onde di diversa forma e colore. Poi, il paretone messapico, che come un antico pontile, ne fissava il limite invalicabile. Vigne che la filossera distruggerà irrimediabilmente nella seconda metà dell'800, lasciando tante famiglie sul lastrico e provocando la prima grande emigrazione transoceanica di molti cegliesi in cerca di fortuna.
Altro dato importante per la nostra toponomastica è la registrazione di alcuni termini presenti tuttora sul nostro territorio: Foggia Vetere, Montevicoli, Padule, Padule di Campo Orlando, Masseria Palagogna. dg

sabato 12 novembre 2011

CEGLIE NEL '400 (I parte)

Dopo aver ricevuto l'autorizzazione dalla Prof.sa Carmela Massaro di pubblicare alcune pagine dei suoi due studi su Ceglie: Anna Colonna, Principessa di Taranto. Spazi e pratiche di potere (2009) e Una comunità rurale del mezzogiorno tardomedievale: Ceglie de Gualdo nel XV Secolo (2011), mi accingo a condividere con voi degli appunti della nostra storia cittadina, che illustrano bene la vita che i nostri avi hanno trascorso in quel secolo.


LA TERRA DI CEGLIE


"Situata ai confini settentrionali della provincia di Terra d'Otranto, che nel tardo Medioevo era contraddistinta rispetto a quella meridionale da una rete di insediamenti a maglie più larghe e con agglomerati più consitenti, già denominata castellum in un documento del 1120, nei secoli successivi è sempre definita come terra: ambedue i termini presuppongono la presenza di una struttura fortificata, fosse essa un piccolo castello o una torre difensiva. E, infatti, nel 1470 l'erario regio registra in uscita una piccola somma per la riparazione delle porte del castello, la cui custodia è affidata in quell'anno al castellano Nicola Sancti Arcangeli.


Nel Liber focorum, riportante i dati delle numerazioni del 1443 o del 1447, Ceglie risulta tassata per 82 fuochi (83 nelle liste fiscali degli anni 1458-1459), con una popolazione che doveva aggirarsi intorno ai 400 abitanti. Se consideriamo il territorio di circa 1400 kmq compreso tra le sedi vescovili di Bindisi, di Oria e di Ostuni e la stessa Ceglie, notiamo che quest'ultima era un insediamento demograficamente minore rispetto alle terre di Francavilla e Mesagne, tassete rispettivamente per fuochi 268, 231, 221 e 277; ma superiore alla terra di Carovigno e ai casali di San Vito, Torre Santa Susanna e Latiano, tassati per fuochi 55, 27, 17 e 10. Se si volessero comparare questi dati con quelli riferibili alle collette angioine, nella Cedula taxationis de distributionie nove monete del 1276 Ceglie risulta tassata per once 16, tarì 7 e grani 16, meno di Brindisi (146.22.10), di Ostuni (40.10.0) ma più di Mesagne (14.28.18) e Oria (15.0.7); nella colletta del 1320 per once 37, tarì 17 e grani 8, somma che era stata ridotta di oltre 10 once rispetto a una colletta precedente di cui non si ha notizia, meno di Brindisi (412.6.19), di Oria (63.7.5) e di Ostuni (126.18.18) e infine, nel cedolario non datato di Giovanna I (1343 - 1381) per once 15, più di Francavilla (12) e meno di Brindisi (83), di Oria (18), di Mesagne (24) e Ostuni (27)....


Le fonti disponibili sono, come si è detto, fonti fiscali, che censivano cioè non i fuochi effettivamente registrati nelle numerazioni ma i fuochi tassabili, dopo aver dedotto, per effetto di lunghi contenziosi, i soggetti che a vario titolo non dovevano essere tassati (nullatenenti, chierici, nobili ecc.); ne deriva che i dati ricavati non riflettono l'effettiva consistenza della popolazione del centro, ma sono certamente indicativi del minimo di presenze reali. L'unico punto fermo è il trend negativo che sembra interessare il centro da metà Duecento a metà Quattrocento, e il primo sorpasso che in un'ipotetica gerarchia demica ricavabile dai dati sopracitati esso avrebbe subito da Mesagne e da Francavilla, quest'ultima fondata nel primissimo Trecento. Ma tra il secondo Quattrocento ed il primo Cinquecento la crescita demografica di Ceglie fu sostenuta, pari al 154% tra il 1459 ed il 1508, al 263% tra il 1459 e il 1522, più alta rispetto a quella che interessò Oria, Ostuni e Francavilla" CARMELA MASSARO


(continua)




Tenendo conto dei dati offerti dalla Prof.sa Massaro azzardo un calcolo approssimativo della popolazione cegliese dalla fine del Duecento alla metà del Quattrocento, in essa includo anche i chierici, i monaci dei due monasteri (Sant'Anna e Sant'Angelo), i nullatenenti e gli eventuali nobili:


1276: ab. 1150


1320: ab. 2650


1350: ab. 850


1380: ab. 1050


1443: ab. 400


Nel 400, probabilmente, la popolazione dimunì notevolmente per la politica fiscale adottata dai Principi di Taranto nei confronti del loro territorio ed anche per le continue guerre che si susseguirono in quegli anni.


dg

lunedì 24 ottobre 2011

RIPRENDIAMO A CONOSCERE LA NOSTRA STORIA







Dopo la lunga pausa della sospensione delle pubblicazioni riprendo ad aggiornare il mio blog, soprattutto per soddisfare coloro che, in diversi modi, mi hanno sollecitato a continuare a diffondere notizie, curiosità, avvenimenti, riguardanti la storia di Ceglie Messapica, per mantenere vivo il legame con la propria terra e conoscere meglio le proprie radici.



Prendo spunto da due pubblicazioni che riguardano la microstoria di Ceglie del XV secolo, le quali rivelano fonti inedite, personaggi ed avvenimenti che ci introducono a contemplare un panorama più completo della storia cegliese, sino ad ora ignoto ai più, per riannodare i legami con gli assidui lettori di questo blog.



La Prof.ssa CARMELA MASSARO, dell'Università di Lecce, si è ampiamente dedicata alla microstoria della nostra città ed è l'autrice dei due interessanti studi, uno pubblicato nel 2009 e l'altro nel 2011. Il primo lo si può trovare nel volume curato da F. SOMAINI e B. VETERE: Geografie e linguaggi politici alla fine del Medio Evo. I domini del principe di Taranto in età orsiniana (1399-1463), 2009 - Congedo Editore.



Il secondo studio, invece, lo si trova nel I Tomo degli scritti in onore di Bendetto Vetere: Territorio, culture e poteri nel Medioevo e oltre, 2011, Congedo Editore.



Della storia del XIV secolo conosciamo ben poco della nostra Ceglie. Sappiamo che la città era infeudata alla famiglia Pipino e che poi passò sotto il dominio di Roberto d'Angiò, principe di Taranto, forse a causa della caduta in disgrazia della stessa famiglia Pipino. Il fatto è che nel 1359 Roberto d'Angiò ampliando il territorio di Martina Franca, si dichiara signore di Ceglie, di Ostuni e di Monopoli.



Un documento conservato nella Biblioteca De Leo di Brindisi, rivela che il feudo di Ceglie nel 1363 fu venduto dall'Arcivescovo ad un certo Francesco Sanseverino. A dire il vero, secondo la mia opinione [non sono un competente di storia medievale] il documento non è autentico. Innanzitutto, non si sa in che modo il feudo cegliese sia passato dal domino di Roberto d'Angiò nelle mani dell'Arcivescovo di Brindisi. Fu una donazione? E a quale titolo? Eppoi, nella ricerca da me fatta nell'albero geanologico dei Sanseverino, non troviamo nessun esponente di questa famiglia con tale nome nel periodo indicato dal documento brindisino. Un Francesco Sanseverino è esistito solamente agli inizi del '400 ed era Signore di Nardò e si dice che fosse l'amante segreto di Maria d'Enghien, contessa di Lecce e moglie di Raimondello Orsini del Balzo, che dopo la morte del marito diventerà regina di Napoli per le nozze contratte con il re Ladilsao.



Altra notizia certa è quella pubblicata dal Padre Coco: nel 1378 Ceglie era posseduta da Carlo III di Durazzo (Cedolario Terrae Idronti 1378).



In uno dei documenti inediti che pubblica la Prof.ssa Massaro ricaviamo altre interessanti notizie [il documento era stato da me rintracciato nell'Archivio di Stato di Brindisi e trascritto nel 2008]. Da esso si evince che Ceglie fu posseduta ininterrotamente dall famiglia degli Orsini del Balzo dagli inizi del '400 sino alla morte di Anna Colonna, moglie di Giovanni Antonio Orsini del Balzo, principe di Taranto. Dopo la morte di Anna Colonna 1469, il feudo rientrò nel regio demanio e nel 1471 fu venduto a Giovanni Battista Brancaccio, il quale nel 1484 lo permutò con il feudo di Roccabascerano di Antonella Dentice, nonna di Aurelia Sanseverino. Nel 1491 risulta signore di Ceglie Giovanni Tommaso Sanseverino, padre di Aurelia. La famiglia Sanseverino possederà così il feudo di Ceglie per circa 122 anni. Nel 1612 Fabrizio Sanseverino, Conte della Saponara [attualmente Grumento Nova] e barone di Ceglie alienò definitivamente il feudo a Maria Bernizona.



dg



continua...












(le foto mostrano il castello di Ceglie Messapica e la copertina del libro in cui si trova uno degli studi della Prof.ssa Massaro).

giovedì 30 giugno 2011

CHIUSURA TEMPORANEA DEL BLOG




Carissimi amici,



purtroppo, a causa della mancanza di tempo per seguire assiduamente il Blog da me creato, dovrò temporaneamente sospendere le pubblicazioni.



Non troverete più on line l'archivio, da me salvato preventivamente.



A Dio piacendo, in un prossimo futuro, quando avrò a disposizione il tempo necessario, potrò riprendere a pubblicare notizie, curiosità e schede sulla nostra bella città di Ceglie Messapica (BR).


Cordiali saluti,


dg